12 novembre 2010

**NO ALLA VIVISEZIONE**

DITE NO ALLA VIVISEZIONE!! 

La vivisezione

L’utilizzo degli animali nella ricerca scientifica è un aspetto di cui istituzioni, industrie e addetti ai lavori parlano poco e sempre mal volentieri, tacendo o mentendo sulle modalità con cui si effettuano gli esperimenti, sul perché vengono realmente eseguiti e sulle conseguenze che questi provocano agli esseri usati come cavie.
Numerosi aspetti della società moderna e dello stile di vita che essa promuove sono direttamente in contatto con un “mondo parallelo” nascosto a molti individui che, se invece ne fossero a conoscenza, rimarrebbero senza dubbio sconvolti.
Cos’è realmente oggi la vivisezione e perchè nonostante essa rivesta un ruolo non certo marginale nella vita quotidiana di tutti noi è soggiogata da una così erronea o celata informazione?
Che cos’è.
Erroneamente ancora oggi si pensa alla vivisezione solo come alla pratica che implica il sezionamento da vivo di un essere animale, ma è più corretto, a detta degli stessi vivisettori, comprendere con questo termine ogni tipo di ricerca effettuata sugli animali.
E’ così che sono stati coniati alcuni sinonimi, come “sperimentazione animale” o ancora “ricerca in vivo”;  sperando in  questo modo di addolcire il nome di quella che in realtà si è rivelata essere come una vera e propria forma di tortura subita da esseri senzienti che, in quanto tali, provano dolore, paura e molte altre emozioni che comunemente proviamo anche noi esseri umani.
E’ ovvio ma a questo punto necessario affermare che esistono ricerche in cui, anche se l’animale non viene letteralmente “vivisezionato”, accusa comunque un grado di sofferenza elevatissimo.
Pochi sanno che tutti i moderni prodotti chimici, farmaci, cosmetici, pesticidi, additivi, prodotti per l’igiene della casa… devono essere per legge testati sugli animali prima di essere commercializzati. Questi ultimi vengono forzati ad ingerire o a respirare una sostanza o a resistere alla sua applicazione negli occhi o sulla pelle nuda, cosicché i ricercatori ne possano analizzare le bruciature, le infezioni e gli avvelenamenti che essa provoca.
Pochi sanno dell’enorme uso di animali in studi di ogni genere, dalle ricerche farmacologiche, in cui si inducono artificialmente malattie tipiche degli esseri umani sugli animali per poi studiarle; alle ricerche fisiologiche in cui si utilizzano i loro corpi per conoscerne i segreti; passando per un’infinità di sperimentazioni, nel campo della psicologia, della medicina veterinaria o delle industrie che operano in campo bellico.
Intossicati da ciò che in futuro troveremo sullo scaffale del supermercato, sottoposti volutamente a  traumi fisici e psicologici o a operazioni chirurgiche con la speranza di trovare qualche cura estendibile poi agli umani; oppure costretti a digiuno, decerebrati, ustionati, mutilati, colpiti da scariche elettriche o a qualsiasi altro tipo di tormento possa essere considerato utile o perlomeno sul quale valga la pena cimentarsi in una qualche ricerca…. Così soffrono e muoiono nel silenzio e nell’indifferenza più generale circa un milione di animali ogni anno in Italia, quasi tremila ogni giorno, imprigionati nei 500 laboratori che sono autorizzati a detenere animali per la ricerca scientifica, siano essi istituti privati o pubblici, industrie o università.
Le cifre globali sono spaventose: nel mondo un numero compreso tra i 300 e i 400 milioni di animali ogni anno subisce esperimenti di ogni tipo.
Su quali animali si sperimenta.
Sono moltissime le specie utilizzate: soprattutto topi e ratti ma in numero notevole anche gatti, cani, primati, porcellini d’India, mucche, suini, cavalli, pecore, capre, piccioni, furetti, rettili, pesci, uccelli… In alcuni casi provengono da una cattura dall’ambiente naturale dove questi vivono, come nel caso dei primati, cacciati in paesi come l’Indonesia o Mauritius e poi importati nei laboratori di tutto il mondo, ma la maggior parte di loro viene allevata appositamente in aziende come Green Hill. Fabbriche di animali al servizio della vivisezione, stabilimenti fornitori produttori di cavie che, oltre ai futuri esperimenti, subiscono sin dalla nascita la sofferenza di una vita innaturale dovuta alla stabulazione intensiva. Mancanza di libertà, malattie, stress, disagi fisici e psicologici sono l’anticamera di un vero e proprio inferno che li attende una volta “venduti”.
Un inferno fatto di camere asettiche e tavoli operatori, in cui nella maggior parte dei casi non viene nemmeno utilizzata l’anestesia o non viene somministrato alcun antidolorifico, perché potrebbero interferire con i risultati dell’esperimento o più giustamente perché hanno un costo economico che incide sui fondi disponibili.
Se l’animale interferisce con le sue grida e disturba i ricercatori la pratica comune è quella di tagliare le corde vocali per non sentirne i lamenti. Una pratica che Green Hill mette a disposizione dei suoi clienti.
Perché si pratica.
La parola “cavia” esprime già da sola tutto il suo significato. Si sperimenta sugli animali per vedere “cosa succede loro”, per avere a disposizione dei dati che potrebbero rivelarsi utili per gli esseri umani. Sia come detto un cosmetico, un inchiostro, una nuova arma bellica o la ricerca ad una qualche malattia il fine è concettualmente lo stesso.
“D’altra parte chi avrebbe il coraggio di sperimentare nell’uomo un farmaco di cui non si conoscano le reazioni indotte preliminariamente in varie specie animali di piccola e larga taglia?”
Queste sono le parole di uno dei vivisettori più conosciuti d’Italia, Silvio Garattini.
Riprendono l’ormai famoso dilemma “preferite salvare un cane o un bambino” con cui i ricercatori cercano di legittimare il loro operato, facendo leva sull’emotività. Il loro sacrificio sarebbe quindi indispensabile per il progresso della scienza medica e per il bene della specie umana.
A nostro avviso ogni essere vivente merita rispetto e ha diritto di vivere, indipendentemente dalla specie a cui appartiene e di conseguenza non deve subire nessuna imposizione e nessuna forma di sopruso.
Sono parole semplici che rispondono da sole alla presunta necessità della vivisezione.
Essa va combattuta e abolita per il semplice fatto che è una forma di tortura.
Alcune considerazioni.
E’ importante comunque sottolineare alcuni altri aspetti.
Sono moltissimi i ricercatori che negli ultimi anni si sono dichiarati antivivisezionisti in quanto questa pratica non sarebbe corretta da un punto di vista scientifico. Gli animali non sarebbero un modello utile per la specie umana per via delle numerose differenze che vi sono a livello fisiologico, anatomico, biologico e genetico. A rafforzare queste tesi vi sono numerose valutazioni:
1. Il fatto stesso che la legge che regolamenta la vivisezione (n. 116 del 1992) preveda l’immissione in commercio dei prodotti testati solo prima di un’ulteriore sperimentazione sugli umani. Di conseguenza solo a posteriori possiamo dire che una determinata specie, per una certa sostanza, si comporta in modo simile a noi.
2. La creazione di animali geneticamente modificati, voluti dagli stessi vivisettori tramite l’inserimento di geni umani nel loro dna, al fine di poter utilizzare animali “chimere”, più simili agli umani.
Ecco alcuni esempi a sostegno di ciò:
Arsenico – le pecore e i porcospini possono ingerirne senza effetti una quantità capace di sterminare una famiglia umana intera.
Botulino – veleno letale per gli umani non ha alcun effetto sui gatti, però uccide i topi.
Stricnina – nessun effetto su cavie, scimmie e polli, ma uccide cani ed esseri umani.
Penicillina – antibiotico per gli esseri umani ma letale veleno per i porcellini d’india. Il Dr Florey, che la purificò, ha detto che è stato un puro caso fortunato che sia stata invece testata sui topi.
Morfina – calmante per i ratti e gli umani, ma causa eccitamento maniacale in gatti e topi.
Vitamina C – se viene tolta dalla dieta di cani, ratti, criceti e topi il loro organismo la riproduce. Se viene tolta a cavie, primati ed esseri umani, questi moriranno di scorbuto. Per i gatti è velenosa.
Ci preme comunque sottolineare come la nostra critica non si fermi alla pratica della vivisezione ma si estenda a tutto l’apparato agro-chimico-farmaceutico, supportato e sostenuto da una società che cerca le risposte e le soluzioni ai suoi problemi solo riponendo una cieca fiducia nel progresso, nella scienza e nella tecnologia, senza fermarsi a riflettere su quelle che sono le reali cause di tante malattie o quelli che sono i veri bisogni degli esseri umani.
In questo vortice di inerzia culturale in cui “tutto continua così perché così si è sempre fatto” gli animali fungono da alibi legale per le industrie che vengono citate in tribunale per danni, in quanto i test previsti dalla legge sono lo scaricabarile con cui si giustificano le conseguenze di 22000 farmaci ritirati solo in Italia negli ultimi 10 anni; oppure sono massa vivente per una facile e carriera universitaria di ricercatori sempre ben disposti a pubblicizzare nuovi studi sugli animali.
Le stesse industrie colpevoli di torture sugli animali sono le stesse che stanno avvelenando l’intero pianeta con l’immissione in commercio di prodotti altamente inquinanti, sono le stesse che sperimentano nuovi farmaci sulle popolazioni africane a loro insaputa, sono le stesse che hanno causato migliaia di morti e di menomazioni producendo consapevolmente medicinali con effetti collaterali disastrosi (Talidomide, Cliochinolo, Opren, Lipobay, Vioxx, solo per citarne alcuni).
Il loro unico fine è il profitto economico ed è lo stesso fine per cui ancora oggi si sperimenta sugli animali. Esse sono l’ultimo anello di una catena di sofferenza che inizia in luoghi come l’allevamento Green Hill. (Tratto dal blog: www.fermaregreenhill.net )